ROBILANTE 2013
E’ ormai notte, sono in macchina con a fianco Piero che dorme felice come un bambino. Poco prima di crollare sul sedile, mi ha detto che era probabilmente da metà anni ’80 che non “campeggiava” su di un’automobile. Qualcuno dorme nella “dependance” del bar e qualcuno negli spogliatoi ( la mattina seguente il Nik aveva impresso proprio un vistoso segno sulla guancia destra dei legni delle panchine dove era stramazzato J ).Non riesco a dormire e ne approfitto per scrivere qualcosa a mente calda nell’eremo felice che è la “Terra del Gian”: Robilante.Piove e non si vede nulla fuori perché i vetri si sono appannati come succedeva quando si era adolescenti e si andava in camporella vicino al greto di qualche torrente il cui scorrere dava un po’ di poesia mentre si pensava di consumare qualcosa che si avvicinava all’Amore con la “A” maiuscola e ci si sentiva grandi sia fisiologicamente, sia spiritualmente. Non so Voi, ma io, quando trovavo un buon posto, mi ci affezionavo anche se la ragazza non era la stessa e difficilmente lo cambiavo. E’ per questo che Robilante deve rimanere il luogo fisso e prediletto per il raduno estivo annuale della Station ( qui qualche moglie di Robilante mi odierà per tutto lo sbattimento che ha fatto nei giorni del raduno dovendo preparare e servire ai tavoli la mandria di Hammers J ). Ciò è necessario per ricordare il “sentimento” della Station e per sigillarne degnamente la sua “natività”.Notte strana per noi campeggiatori. Soli lì dentro lasciando tutto il resto del mondo fuori: i problemi, i giudizi ed ogni altra cosa che fa “negativo”. Come se quell’auto, in quell’istante, avesse tutta attorno una barriera di protezione come quella che si attivava come “bonus” a protezione della propria navicella nel gioco elettronico, ormai evergreen, che si chiamava Space Invaders. Quella giornata in realtà era il nostro vero “bonus”.Sono astemio e non bevo birra e vino. Sono solo “goloso” di superalcolici, un po’ come gl’Indiani d’America che preferivano andare “fuori” tutto d’un botto piuttosto che aspettare che il proprio senno svaniva lentamente.Come dice il buon Tequilla : “ La verità, si sa, stà nei bambini e negli ubriachi” ed io in fondo mi sento stasera un po’ bambino ed un po’ ubriaco. O almeno, cotto al punto giusto.
A qualcuno a volte serve per dimenticare qualcosa, ma a me a volte serve per far “scorrere” liscia la mente e liberarla dalla diossina che la intossica durante la vita quotidiana e ricordarmi chi sono. Hammer che cerchi ? Non voglio fare il sermone del prete provetto o fare il saputello che sa tutto della vita mentre gli altri non capiscono nulla, perché non ne sono certamente il più adatto. Non ho nulla da insegnare. Voglio solo essere il visionario un po’ controcorrente, come ce ne sono tanti a questo mondo, che a volte è insofferente ed a volte estremamente attaccato a questa Vita.Un attimo accarezzi con un dito il cielo ed il minuto dopo sprofondi fino a sfiorare l’inferno. Nessun equilibrio e nessuna via di mezzo.Dicono che succede a tutti gli Scorpioni perché nascono con la “passione incorporata”, ma ho sempre pensato che in fondo fosse la solita oroscopo-cazzata.Il ritrovo di Robilante è stato un flash. Un breve passaggio spazio temporale che ha visto persone di varie età e mansioni incontrarsi in un borgo che faceva da cornice ad un evento che dovrebbe essere ormai la base ed il contrappeso di ogni suo componente: l’Amicizia. Il passaggio obbligato per essere inclusi nella Station . La porta di accesso alla conoscenza di un sentimento che da “luce” alla nostra spiritualità di tifosi di calcio.
Perché l’Amicizia, in fondo, è intelligenza.La stessa intensità che una volta c’era nello sguardo di mio Padre appena dopo aver fatto una cazzata, facendomi immediatamente correggere il tiro.Perché nella Station le parole sono superflue. Basta guardarsi in faccia e tutto si risolve. L’Amicizia è un sentimento che ormai ha investito irrimediabilmente i componenti del gruppo. Le persone intelligenti sanno come si traduce la parola Amicizia. Chi era a Robilante, prima d’amare il WHU, ama la Station.
Lo stesso sguardo di Sandro di Prato, la cui dimensione degli occhi, amplificati dalle lenti dei suoi occhialini, assomigliano tanto a quelli del Giudice Morton di “Chi ha incastrato Roger Rabbit”, ma, al contrario di tale personaggio sadico e cattivo, lui ha saputo riconoscere negli occhi altrui “l’anima di un bambino” affetto dalla passione ed il culto di un calcio “storico” , offrendo il suo sigaro come Calumet e sancire una Pace anche se guerra mai c’era stata.
Un Sandro che nella Old Station si è esibito in una rovesciata con pallone a fil di palo, la cui grazia del gesto tecnico, che trasuda la sua passione e sentimento calcistico, vale quanto un goal. Ditemi, non vi sembra uguale ???
Sandro da Prato elemento unico ed indispensabile componente della Station 936.Come succede all’inizio di ogni stagione calcistica dove inizi il campionato con nuovi acquisti e solo dopo esserti conosciuto ed aver amalgamato la squadra inizia a vincere ed a divertirti, lo stesso succede al ritrovo: inizia cauto, conosci i nuovi elementi e ritrovi quelli dello “zoccolo duro”, assetti “giocate brevi” ma precise, crossi al centro e trasformi per godere nell’esultanza finale e soprattutto della follia della festa di fine campionato. Ciò è quel che è successo al ritrovo: un quadrangolare dominato dalla classe della Old Station ed indubbiamente segnato da errori arbitrali che han fatto fin incazzare il patrono di Robilante, San Donato (a caval “Donato” non si guarda in bocca !!! J ), che appena conclusi le sorti del torneo, per sfogare tutta la sua rabbia e contrarietà, ha tempestato l’area del raduno, salvando però dall’ira il “paellaro” e la sua aiutante che imperterriti continuavano a girare il pentolone contenente l’oggetto del banchetto degli atleti e degli ospiti.Un frettoloso trasloco dei tavoli in un seminterrato che con l’atmosfera che si era creata, poteva essere quasi la London Underground di Robilante, dominata da una coppa che svettava in mezzo al tavolo che, aimè, non è stata alla portata della mia mano.
Lasciata al di fuori di quei locali la clessidra al cui interno c’è quella sabbia che inesorabilmente scende senza mai fermarsi, il tempo lì si è fermato per qualche ora. Abbiamo tutti bisogno di stare a contatto con la vita e stare insieme perché è veramente l’unico antidepressivo naturale. Ognuno ha alle spalle storie di vita felice, ma anche situazioni difficili o semplicemente difficoltà di routine quotidiana da gestire o già gestite. Ognuno ha problemi più o meno grandi che lo distolgono dalla realtà. Difficoltà in cui ci si è trovati spesso dentro da soli e che solo con l’amicizia si è riusciti a superare. Dove spesso nella lotta abbiamo dovuto tirar fuori le unghie come una tigre, sopraffando il “nemico” o rimanendo a nostra volta a terra feriti e sanguinanti. Questi ritrovi ci servono per sentirci tutti uguali, per cucirci addosso un “consenso” che si tramuta in sostegno incondizionato nei momenti difficili. L’essere tutti ai “blocchi di partenza” ci serve per sentire l’odore nostrano dei suoi partecipanti perché noi in fondo, nella nostra semplicità, anche se nell’animo rimaniamo sempre dei ribelli, siamo veramente degli esseri speciali. A volte mi chiedo se è veramente come diceva Kurt Cobain : “ E’ meglio bruciare in fretta che spegnersi lentamente”. Son nato lo stesso anno in cui Eric Clapton faceva l’assolo in “Smoke on the water”. Quelli della mia età e gente ancora più matura di me, “purtroppo” hanno avuto la fortuna di essere stati “plagiati” dagli anni ‘80/’90. Lì risiede quel che oggi noi siamo. In quel decennio risiede il “sapere” ed il “gusto del bello”. Lì tutto ha avuto origine ed è lì che son nati i nostri sentimenti, perché ci siamo accidentalmente caduti dentro come Obelix con la pozione magica del druido Panoramix, impregnando non solo i nostri vestiti ( lo stile ), ma anche la nostra anima. E’ per questo che ora per noi tutto ha un senso diverso. La passione non l’abbiamo costruita, ma ce l’abbiamo addosso da quando siamo nati e non riusciamo ormai più a scrollarla via. Puoi provare a soffocarla, ma ciò succede solo per un breve periodo perché poi torna fuori più violenta che mai. Facciamo trasferte che agli occhi di chi non capisce e non può giustamente capire, potrebbero non avere un senso. Ma quando la fai è qualcosa che ti senti addosso, più attillata di una muta da sub, senza un perché. E’ un cammino come quello dei Re Magi che seguono il solo loro istinto e sanno che “è cosa giusta”.
E’ qualcosa che devi fare senza chiederti alcun perché. E ciò dovrebbe essere anche nella vita quotidiana. E’ su questa “esperienza” che dovremmo aprire gli occhi ai più giovani.Un’esperienza da affrontare in piena lucidità senza qualcosa di artificiale che ne distoglie i sensi per poche ore.
Qualcosa che renda la vita equilibrata e soprattutto giusta. Questa esperienza deve essere per sempre e deve contagiare ogni minuto della nostra vita. Quindi a volte non occorre dare per forza un senso a quel che facciamo perché è quando lo fai che questo “qualcosa” inizia a trasmettere delle buone sensazioni.Che ti fa capire che sei, nonostante le difficoltà, sulla strada giusta.Questa è la più grande eredità che possiamo lasciare alle generazioni future perché lo sport alla fine è l’unica vera lingua universale ed il calcio è il suo principale interprete.
Non perdiamo mai lo “spirito Hammers” perché se ciò dovesse succedere, avremmo perso la nostra missione.
Un saluto e…al prossimo anno.
Massimo
Ps
Un ringraziamento particolare alle Disperate Housewives della Station che il ritrovo lo hanno vissuto con sacrificio, non solo di sopportazione dei rispettivi mariti, ma facendo egregiamente da supporto all’ottima buona riuscita dell’evento. Per fortuna per loro che ci si ritrova una volta sola all’anno !!! J
Un grazie rispettoso ai due “Ciccio-Baristi” che ci hanno sopportato e che hanno regolarmente riempito il mio bicchiere di “aranciata corretta” e soprattutto hanno dato un bicchiere di limonata calda all’Hammer – barbetta di Como che aveva una cera un po’ “cadaverica” !!! J
Inoltre un saluto all’ospite “non pervenuto” londinese (Handy) che nonostante sia stato bloccato in aeroporto dalla solita burocrazia bigotta, era presente nello spirito e nei cori a lui dedicati. Segno di grande notorietà e unicità.
Un solo Andy, c’è solo un solo Andy, un soooolooo Andyyyyy !!!
Massimo..massimo..massimo!!!