Mi chiamo David Bardelli, sono nato a Livorno nel 1974, da genitori abbastanza poveri e del basso proletariato (babbo contadino e poi cameriere, mamma casalinga). Dopo un po’ mi sposto a Grosseto dove passo un’infanzia più o meno uguale a quella dei miei coetanei, tra scuola e partite a pallone.
E’ con l’adolescenza che comincio a vedere le cose in un modo un più diverso da quello degli altri, dovuto sicuramente al fatto che già a 13 anni ascoltavo punk rock al contrario di molti che non andavano oltre Jovanotti. Continuando su questa strada, il punk (quello reale) mi dà l’opportunita di conoscere gente di altre città ed è così che vengo in contatto con degli skinheads un po’ più grandi di me che mi avviano all’Oi! e alla conoscenza del movimento skin in terra d’Albione.
Ascoltando gruppi come Cockney Rejects, Business e Cock Sparrer mi rendo conto ben presto che la cosa che univa i componenti di queste bands era una squadra di calcio di Londra chiamata West Ham United. Io al tempo (parlo del ’91 credo) erano già diversi anni che tifavo la squadra della mia città e quindi ero interessato al mondo delle curve, ma mai mi ero interessato a quelle di oltremanica. Eppure nelle foto dei concerti e dei dischi vedevo gli skins sotto il palco indossare le sciarpe di questa squadra, anche se magari non erano di Londra e di quel quartiere. Notai delle sciarpe simile anche in Italia, ad un concerto dei Klasse Kriminale, sciarpe a bande bordeaux e celesti, claret & blue. Colori belli, con un logo altrettanto bello, dal sapore proletario, come se fosse una cosa universale, che appartenesse a tutti i lavoratori, non solo quelli di Upton Park.
Così cominciai a volerne sapere di più e iniziai la mia ricerca su questa squadra: da dove veniva, qual’era il quartiere, il perchè di quel logo etc. Preciso che a quel tempo non c’era internet e a Grosseto nessuno ancora aveva sentito parlare del West Ham o della cultura casual per dirne una. Ero come una specie di iniziatore diciamo.
Mi decisi allora che dovevo per forza fare un viaggio oltremanica in un modo o nell’altro. Nel frattempo ero uno skinhead a tempo pieno: compravo dischi, mi informavo, ero alla ricerca spasmodica dei migliori vestiti (e non era facile trovarli in Italia, ci si arrangiava come si poteva), mi appassioani alla musica nera, ska, reggae e soul principalmente, entrando così in contatto anche con certi mods Italiani e ragazzi scooteristi. Uno in particolare mi fece innamorare della Lambretta, lo scooter più stiloso al mondo, in assoluto! Era ora: dovevo andare a Londra! Erano gli anni ’90! Misi da aprte un bel gruzzoletto (a quel tempo lavoravo nel bar di mio padre) e con la ragazza di allora feci armi e bagagli e prenotai una settimana nella città patria di tutti i movimenti sottoculturali del mondo!
Primo giorno: dopo il classico giro a Carnaby Street non potevo indugiare oltre, dovevo andare allo stadio del West Ham. Come tutti i novelli presi la metro e dove scesi? Non ad Upton Park, ma a West Ham! Domandai ad un tipo dove si trovasse lo stadio, mi guardò un po’ male all’inizio, poi gli dissi che cercavo quello degli Hammers e lui con un sorriso a 36 denti mi disse che la fermata giusta era Upton Park! Ok, prima figura di mer*a! Ripresi la metro e scesi alla fermata giusta, dopo 5 minuti ero davanti allo stadio del West Ham United: era la cosa più incredibile che avessi visto prima d’ora! Lo sponsor, manco a dirlo era Dr. Martens, e il logo di questi famosi anfibi capeggiava su tutti gli angoli dello stadio! Mi sentivo a casa e respiravo un’atmosfera particolare. Poco distante c’era una scolaresca mi ricordo, credo facesse attività sportiva adiacente allo stadio. la cosa incredibile era che tutti indossavano una maglia, tipo con lo scollo a V e nel petto c’era il logo della squadra! Non mi pareva vero, pensai subito che in Italia queste cose non le avrei mai viste: bambini di tutte le razze uniti dai colori di questa squadra che evidentemente significava motlo più di una semplice partita alla domenica! Questi colori, claret & blue, cominciavano ad entrarmi nella testa e influenzavano anche il mio modo di vestire e nell’accostare i colori. Mi recai al botteghino, due biglietti per favore. La partita che vidi fu West Ham United vs. Tottenham. Pareggio se non ricordo male.
Dopo 7 giorni ero di nuovo a Grosseto, felice della vacanza a Londra (direi più che una vacanza!) ma allo stesso tempo sentivo che mi mancava qualcosa. Dovevo per forza creare qualcosa che mi ricordasse per sempre quel viaggio che in un modo o nell’altro mi ha dato qualcosa in più, una conoscenza maggiore per il mio essere skinhead. Giù da tempo pensavo di farmi una Lambretta e decisi di mettermi all’opera. Una volta trovata decisi dopo 9 mesi di restaurarla. Smontata in 1000 pezzi arrivò il momento di scegliere il colore, che non doveva essere quello originale appunto. Portai al carrozziere la sciarpa del West Ham che comprai allo store dello stadio e mi ricordo di essere stato almeno un’ora a scegliere i colori che più si avvicinassero a quelli della sciarpa: era chiaro, la mia Lambretta doveva essere un’omaggio a quella squadra, a quel quartiere, a quella gente, a quelle bands che amavo e che in un modo o nell’altro mi avevano accompaganto nell’adolescenza e mi avevano fatto crescere “diverso” dai miei coetanei.
Dopo quasi un anno (i soldi per il restauro non erano uno scherzo) la Lambretta era pronta: anno di grazia 1999! Da li in poi raduni, serate, semplici uscite, la mia Lambretta era sempre con me e quei colori mi ricordavano semrpe che ero uno skinhead, che amavo certa musica, che la mia squadra del cuore oltre al Grosseto era il West Ham! Ovunque andassi chi mi vedeva capiva subito, solo a Grosseto molti ci misero tanto a capire, fino a quando la cultura Casual e il vestire british cominciò a diventare una moda. Da li in poi tutto divenne un po’ diverso, come questa cosa non appartenesse solo a me e in giro vedevo spesso ragazzetti con la maglia del West Ham, troppo commerciale per i miei gusti.
Dopo il viaggio a Londra oltre che la voglia di farmi una Lambretta con i colori sociali del West Ham, un’altra idea mi balenava nel cervello, ed era più o meno una cosa che riguardava il vestirsi, ma non la moda, direi più uno stile di vita, “A WAY OF LIFE!”. A Grosseto reperire un’abbigliamento consono per chi come me andava allo stadio e per di più era skinhead e amava lo stile british era pressocchè impossibile. A Londra notai diversi negozi molto belli di abbigliamento, ma uno in particolare mi colpì, era Sherry’s a Carnaby Street. Un posto di appena 20 massimo 30 mq, dove dentro potevi trovare di tutto, dai vestiti agli accessori fino ai dischi (cosa di primaria importanza per me).
Da qui la voglia di creare anche nella mia città un posto dove poter reperire i vestiti giusti, la musica giusta e offrire un punto di riferimento per chi come me era ed è appassioanto di British Culture. Nel 2004 nasce ufficialmente RUDENESS STREETWEAR & RECORD SHOP e il logo, manco a dirlo, sono i due martelli incrociati dentro un alloro. Premetto che non è stato facile aprire un negozio del genere in una città dalla mentalità ristretta come la mia, eppure col tempo sono riuscito a creare un giro di persone che con gli anni dalla semplice curiosità sono finiti come me nel vortice di questa sottocultura che trova le radici nei sixties, ma che è semrpe in movimento e si rinnova continuamente! E questi ragazzi adesso fanno serate con me, sono stati allo stadio con me, facciamo raduni insieme e supportano Rudeness nonostante tutto. Anche se le mode passano e la crisi politica cerca di annientare i ribelli come noi, ho visto che chi ha una passione come la nostra difficilmente torna indietro sui suoi passi, difficilmente si smette di vestirsi in un certo modo, ascoltare certa musica, seguire una determinata squadra.
La mia Lambretta LI IV serie 1968 claret & blue continuerà a viaggiare colorata così portandosi dietro anni di onorata carriera ai raduni, convinto (e sperando) che chi l’ha vista sfrecciare anche solo di sfuggita abbia pensato almeno due cose: che sono uno skinhead e che tifo West Ham United!
By David Bardelli
one word: RESPECT !
bella storia david semplice ma c’e tutta la tua passione
Grazie ragazzi! Simone, noi ci becchiamo presto!